Ricordando Caterina

Questo modesto sito web nasce con un semplice intento: ricordare la memoria di Caterina. Si tratta di un piccolo spazio che vuole essere un regalo alla sua memoria. Uno spazio semplice, adeguato a una persona che in vita ebbe un cuore grande, facendo del bene ai veri bisognosi.

domenica, ottobre 13, 2024

Ricorrenza

Cara mamma, oggi ricorre il ventennale della tua morte. Sono trascorsi cinque anni dall'ultima volta che ti ho scritto qui, sul tuo blog, in occasione del quindicennale della commemorazione della tua dipartita.
In tutto questo tempo ti ho pensata spesso, soprattutto nei momenti meno piacevoli in cui la vita ci mette davanti agli occhi idee piene di tristezza e di malinconia quando si pensa alla propria madre che non c'è più.
Il pensare a te mi porta sempre serenità ma anche rimpianto della tua presenza ormai impossibile da godere. Comprendo la tua assenza ma non mi abituo. Piuttosto, preferisco pensare ingenuamente, come i bambini, che sei partita per un lungo viaggio, con destinazione lontana, che legittima la tua lunga mancanza. E a proposito di "destinazione lontana" quante volte tu, da sola, sei partita da casa tua in Sicilia e col treno hai percorso migliaia di chilometri, attraversando tutta l'Italia, per venirmi a trovare nel profondo nord lombardo dove io insegnavo come se fosse stata per te una semplice passeggiata. Chissà quanti pensieri belli hai fatto sul treno in un'intera giornata di viaggio.
Ricordi quella volta quando ti ho portata in Svizzera, nell'Ospedale regionale di Mendrisio, per essere visitata dal prof. Reiner per la tua malattia del diabete? Ricordi al ritorno, tranquillizzata dall'esito della visita medica, come eri felice lungo le belle strade del lago di Como per rientrare a casa?

E ancora prima, ti ricordi come fosti felice quando nel 1978 comprasti le nuove pentole Imco? Eri entusiasta per il risparmio che avresti avuto a causa della cottura lenta dei cibi e ai nuovi sapori e profumi ottenuti? Ricordi com'eri orgogliosa di mostrare alle tue vicine di casa il piccolo set di pentole e casseruole di acciaio speciale che ancora conservo gelosamente? Quanti anni siamo stati lontani uno dall'altra nella nostra vita e nonostante tutto ti ho sempre sentita vicino, sebbene nel solo pensiero.
Ricordo quanto mi tranquillizzava la tua lettera settimanale che mi scrivevi ogni lunedì mattina quando il bigliettaio della corriera mi consegnava, nel 1959 al capolinea degli autobus di Messina, una tua lettera nella quale c'erano i tuoi saluti, le tue raccomandazioni e i soldi che tu mi inviavi per vivere una settimana nel capoluogo di provincia dove studiavo fuori sede. Frequentavo le scuole superiori distanti cento chilometri da casa nostra che percorrevo con l'autobus che partiva alle 5.00 del mattino per rimanere in pensione lunghi mesi a digiuno della tua presenza, di quella di papà e di Sergio. Ricordi quando ingenuamente dopo le vacanze di Natale una sera ritornai da te viaggiando da Messina per rivederti e tu incredula mi chiedesti perchè avevo marinato la scuola? Ebbene il motivo fu che mi mancavi moltissimo e io pieno di ansia fino all'inverosimile non resistetti a rimanere in città lontano da te.
Poi all'università negli anni '60 sempre lontano da te per i miei studi e poi ancora in nord Italia negli anni '70 dove avevo iniziato a insegnare matematica e fisica in un istituto tecnico commerciale. La sera da solo avevo un solo pensiero: quello di ritornare da te.
Adesso è tutto diverso e nulla sarà come allora. Ora tutto mi sembra grigio, opaco, silenzioso e lontano. La tua assenza è un peso enorme che dovrò portare per sempre. È una specie di mutuo a vita che mi perseguiterà ogni giorno e che dovrò pagare per sempre. Mi consola la memoria del tuo ricordo che mi fa sentire meno solo, come se tu fossi presente vicino a me, ricordando il tuo viso bello e splendente, sempre sorridente anche nei momenti peggiori.
Mi mancano i tuoi consigli, le tue premure, le tue attenzioni. Mi mancano gli odori delle pietanze che mi preparavi insieme a papà. Mi mancano i profumi di pulito della biancheria che mi lavavi. Mi mancano le tue accortezze di fronte a scelte di vita che mi riguardavano. Mi manca tutto di te. Mi mancano anche le rughe che hai avuto tempo di sviluppare nel tuo bellissimo viso durante la vecchiaia, trascorsa felicemente a Roma nella tua nuova casa. Soprattutto, mi manca il tuo sguardo di persona saggia, positiva, rassicurante, illuminata, che vedeva sempre la soluzione giusta e che mi liberava dai timori nei momenti difficili.
Di te sono stato e sarò sempre orgoglioso di essere stato tuo figlio. Ho avuto il privilegio di essere stato allevato da te secondo i valori della civiltà contadina dei nonni, contro le ingiustizie e col motto "prima di criticare gli altri critica te stesso". Ne vado fiero.
Un caro pensiero va anche a tuo marito, grande papà, che ci ha tenuti legati insieme in un abbraccio corale e affettuoso per tutta la sua vita. Lo ricordo con piacere e soddisfazione passeggiare con te sottobraccio nella via principale del nostro paese le sere d'estate dopo cena. Mi sembravate due sposini freschi di matrimonio. Eravate entrambi il mio sole. Ricordo anche il giorno del suo funerale, 31 dicembre 1981, quando al rientro a casa dopo la cerimonia funebre al cimitero vidi la nostra casa per la prima volta vuota, spenta e grigia a causa della sua assenza.
Ciao mamma. Ciao papà.

domenica, ottobre 13, 2019

Anniversario


Oggi sono 15 anni che ci hai lasciati. Un tempo lungo e confuso che mi ha smarrito. Mi sono rimasti di te i ricordi, quei dolci e amorevoli quadretti di immagini della vita trascorsa insieme che non tendono ad affievolirsi ma al contrario sono sempre presenti in tutta la loro carica di emozioni e di nostalgia. Ci sono e vivono insieme a me, come se fosse stato sempre così.
Cara mamma avrei tante cose da dirti ma non so da dove iniziare. Il solo pensiero di parlare di te scrivendo questa breve ricorrenza dopo quindici lunghi anni dall'ultima volta che ci siamo visti mi intenerisce il cuore. Ricordo i tuoi sguardi, le tue premure, le tue visite sempre col sorriso sulle labbra, contagiandomi di buonumore. In quel tempo magico quelle esperienze si stagliano oggi con maggiore evidenza risultando alla fine dei ricordi più vividi che mai.
E poi penso a quando fui bambino e avevo paura di rimanere da solo. Mi bastava un tuo sorriso o una tua carezza per essere rassicurato. Quel sorriso mi manca. Sono trascorsi 15 anni, un tempo lunghissimo ma sempre pieno di ricordi e di dolci immagini della tua persona. I tuoi ricordi sono il più bel regalo che tu mi abbia potuto fare. Sono un tesoro e nello stesso tempo un balsamo che mi accompagnano nei momenti difficili della vita.
In questa ricorrenza della tua dipartita voglio confermarti ancora una volta che ti penserò sempre, accanto a papà uniti in un abbraccio colmo di affetto per entrambi. Ciao mamma. Ciao dolce e cara Caterina.

lunedì, ottobre 13, 2014

Ricorrenza


Cara Rina,
oggi ricorre il decimo anniversario della tua morte. Con nostra grande sorpresa non proviamo tristezza. Proviamo invece tanta serenità nel pensare che adesso, ovunque tu sia, starai sicuramente bene. In questi dieci anni ti abbiamo pensato spesso e crediamo di avere mantenuto la parola quando, dopo la tua dipartita, ti abbiamo promesso che non ti avremmo mai dimenticata. Ci sorprendiamo a pensarti più da giovane mamma come sei stata con noi quando fummo piccoli piuttosto che da anziana nonna dei tuoi tre nipoti quale sei stata negli ultimi anni della tua vita. Segno che i tuoi insegnamenti e il tuo modo di agire durante la nostra giovinezza sono stati per noi modello e stile di vita indimenticabili. Dirti che ti vogliamo bene è poco. Dirti che non ti dimenticheremo è il minimo che possiamo fare per onorare la tua memoria e i tuoi insegnamenti. Ci piace ricordarti di essere stata per noi la donna che ci ha dato la dignità di essere uomini liberi e veri. Grazie per averci regalato i migliori anni della nostra vita sotto la tua amorevole guida, soprattutto nel più delicato e difficile periodo della nostra adolescenza. È stato lì che hai creato in noi la forza e il coraggio di vivere come uomini che hanno sempre creduto nei valori che ci hai insegnato.
Con infinito affetto
Enzo e Sergio

lunedì, luglio 20, 2009

Una mattina di primavera.

La vita cambia un mercoledì di ottobre, scolorito dalla pioggia, in mezzo al traffico impazzito della città. Una telefonata inaspettata, insopportabile, non voluta, che stordisce e ottenebra per la violenza dell’annuncio e che costringe a malincuore a ritornare a casa appena dopo esserne uscito per andare al lavoro. Incredulità, sgomento, confusione, malessere sono le prime sensazioni che ho provato dopo aver messo giù la cornetta del telefono che mi annunciava il luttuoso evento. La mamma non c’è più. Strano modo questo di prendere atto della “dipartita” di una madre. Non si prova dolore ma smarrimento. Non avevo mai pensato prima d’ora all’eventualità che mamma potesse lasciarmi per sempre. In verità, nel tempo, ci sono stati distacchi, alcune volte anche lunghi ma mai definitivi. In nessun caso, in tanti lustri di vita trascorsi insieme, avevo pensato a un simile tragico evento. Lei, mamma e regina della mia vita, aveva sempre dato un’immagine di sé piena di vigore, di salute, di energia, quasi di immortalità. Mai e poi mai mi era venuta in mente l’idea di una separazione definitiva e fatale tra noi. Ecco perché ero frastornato, incredulo, stordito dalla notizia, mentre la colonna di auto in fila davanti ai miei occhi mi costringeva a cercare itinerari alternativi di ritorno a casa più veloci. A quell’ora insolita non avevo mai visto un traffico così paralizzato come quella mattina ed era la prima volta che tornavo a casa così presto. E ora, mi chiedevo, cosa succederà? In questi casi si rimane storditi e confusi, anche perché non è possibile fare ricorso all’esperienza perché la mamma è unica e non può morire più di una volta. E adesso come farò senza di lei? Insistentemente, la domanda mi martellava nel cervello mentre la lunga fila di auto procedeva con velocità inaccettabili alla ragione. L’avevo lasciata a casa sua, la sera prima, senza che alcun motivo potesse suscitare il benché minimo indizio del tragico sviluppo. L’immagine che segna il prima e il dopo è il suo viso preoccupato dalla sua cagionevole salute la sera prima. Ricordo che aveva gli occhi stanchi e arrossati. L’infarto aveva lasciato il suo cuore poco incline a ripetere i normali ritmi cardiaci come prima. Lei mi guardava con gli occhi smarriti, intristiti dalle “infinite” medicine che doveva prendere a ogni ora della giornata. Quella mattina, tra un rallentamento e l’altro della mia auto sotto la pioggia, guardavo le macchine che mi precedevano e mi veniva in mente l’idea che quelle auto non erano più uguali alla mia. Il loro carico, adesso era diverso da quello trasportato dalla mia auto perché io non avevo più la mamma e loro si. Mamma, nonostante i suoi sforzi a minimizzare tutto, stava male. L’infarto, improvviso e ostile, l’aveva colta una calda mattina di primavera inoltrata mentre passeggiava in un’area di verde vicino casa sua. Subdolo e criminale aveva prodotto lacerazioni e scompensi che l’avevano fiaccata nel morale ancor più che nel fisico. Non era più la stessa e nonostante fingesse di sentirsi meglio le preoccupazioni delle anomalie del suo cuore l’avevano cambiata.
Quando arrivai a destinazione, dopo lunghe e penose attese in fila nel traffico bloccato, incredulo di tutto, mi dissi che era necessario pensare alle cose da fare in quel momento e lasciare al dopo le riflessioni personali su me stesso e su come la mia vita sarebbe cambiata da quel momento. A casa tutto era in ordine mentre cominciavano ad arrivare le sue amiche. Mi sforzai di essere normale e di dare un’immagine di sicurezza ai presenti. Poche frasi di circostanza, ripetute più per dovere di cronaca che per cognizione di causa. Dopo alcune ore chiusi la porta di casa e rimasi solo con lei. Era lì, davanti a me e sembrava che dormisse. Ma il suo non era sonno e non dormiva. Semplicemente non c’era più. Era andata via. Lontano. Per sempre. Ed io? Cosa succederà adesso? Come farò senza di lei? Domande che non prevedevano risposte. Interrogativi che avevano solo lo scopo di certificare che si era creato un prima e un dopo da quel momento. Ormai l’unico pensiero nella mia mente era la presenza di una linea di demarcazione del tempo, definitiva e irreversibile, nella mia esistenza relativa a quella infausta giornata. L’evento della tragicità della vita aveva creato una interruzione che portava a separare definitivamente un prima da un dopo. Era inevitabile. Ero intontito, incredulo, con lo sguardo spento. Un senso di angoscia e di sconforto mi prese allo stomaco e mi fece sentire fragile e vulnerabile, mentre i miei occhi andavano su una vecchia foto di famiglia che la ritraeva sorridente. Le lacrime cominciarono a scorrere copiosamente sulle mie guance mentre singhiozzavo tra una vampata di ansia e il desiderio che tutto fosse finito. E adesso che senso poteva avere tutto ciò che vedevo intorno? Quadri, mobili, orologi, lampadari, armadi pieni di abbigliamento e di corredo per la sua casa, che senso avrebbero avuto adesso? Che ne sarebbe stato delle cose che l’avevano vista felice di creare la sua casa così come l’aveva sempre sognata? La vita da quel giorno non sarebbe stata più la stessa.
Enzo

sabato, novembre 26, 2005

Ricordando la scomparsa di papà


Caro papà,
sei andato via per primo in famiglia lasciandoci impreparati alla nuova condizione. Nonostante il triste evento fosse prevedibile per le tue condizioni di salute precarie sei andato via senza farlo apparire, quasi di nascosto come un atto finale da compiere nel più breve tempo possibile. Ricoverato dalla mamma all'ospedale del capoluogo di provincia del nostro paese alcuni giorni prima di natale di un freddo dicembre del 1981 ci siamo visti a giorni alterni dopo il mio arrivo in Sicilia il 23 dicembre. Ricordi che la mattina del primo incontro ho affittato un'auto per venirti a trovare in ospedale, per poi andare a casa al paese e raggiungere la mamma? Avevo fatto più di mille chilometri in treno per venirti a trovare, preoccupato dalle notizie che mamma mi diede per telefono. Con lei poi sono venuto a farti visita il giorno di Natale e poi di nuovo il 27 e il 29 di mattina per riuscire a prendere nel pomeriggio alle 15 l'autobus per casa. E quella fredda e grigia mattina del 29 dicembre, ultimo nostro incontro, insieme alla mamma ti abbiamo portato un po' di sollievo. Poco purtroppo. Il cambio di biancheria, dei fazzolettini di carta e tanto, tanto affetto non hanno ottenuto l’esito sperato. Io mi sedetti accanto a te sul tuo letto ti ricordi? Ti toccai le punte dei piedi. Erano fredde. Tu ti lamentavi di questo. Anche le dita delle tue mani erano fredde. C’era un inquietante contrasto di temperatura tra le estremità del tuo corpo e il viso che ti ho accarezzato più di una volta. Ma speravo come sempre che la tua forte fibra ti consentisse di superare anche questa ultima e dolorosa esperienza di ospedale della tua vita. Avevi compiuto 73 anni il mese precedente ma ne dimostravi purtroppo molti di più, dopo l'operazione chirurgica allo stomaco. Quella mattina ti guardai negli occhi e capii che le tue condizioni erano critiche. Andai al bar a fare colazione perchè avevo fame. Era quasi mezzogiorno. Mezz'ora dopo, di ritorno, non ti trovai più nel lettino e non c'era neanche mamma. Un infermiere mi disse che avevi avuto una crisi e che un'autoambulanza ti stava accompagnando a casa nostra in condizioni disperate. Dovetti attendere quasi tre ore alla fermata dell'autobus per iniziare il viaggio verso casa per raggiungerti. Non fu un viaggio ma un calvario. Vedevo alcuni viaggiatori salire e scendere dalla vettura senza che ne conoscessi uno. Volti inespressivi, figure indistinte e lontane di cui non trovavo alcun interesse verso di loro. Attraverso il finestrino osservavo il panorama che non mi sembrava lo stesso di tutte le altre volte. Avevo il cuore gonfio e trattenevo con difficoltà le lacrime. La strada non finiva mai, le curve si susseguivano e a me sembrava che la strada fosse percorsa troppo lentamente. Non si arrivava mai. Guardavo dal finestrino continuamente per evitare di incrociare lo sguardo degli altri. Fu un viaggio doloroso e angosciante, impossibile da descrivere oggi per il carico di amarezza che ero costretto a portare dentro di me. Alle 18 quando arrivai a casa. Era già buio. Ti trovai vestito disteso sul lettino della tua camera da letto, ormai immobile per sempre. C'erano i vicini di casa che ci aiutarono molto. Io ti guardavo con sgomento e rispetto, consapevole che nel tuo corpo tu, il mio caro papà, non ci fossi più. Eri andato via, lontano da me e da tutti, per sempre. E ora, mi chiesi, come farò a vivere senza di te? Come sarà la mia vita e quella di tutti noi senza averti più al nostro fianco? Chi ci aiuterà nelle quotidiane faccende di casa? Chi ci cucinerà il pranzo, tu che eri orgoglioso di cucinare per noi nel migliore dei modi? Chi ci avrebbe fatto più le quotidiane iniezioni di fiducia che solo tu sapevi fare così bene a tutti noi? Come avrei potuto andare avanti al pensiero che tu, il capofamiglia, la nostra sicurezza, saresti stato assente da casa per sempre? Il mio cuore sembrava come se fosse stato trafitto da aghi per mortificarmi nel corpo e nello spirito. Un fiume di angoscia mi permeava il petto. Guardai mamma e mio fratello. Sembravano coraggiosi più di me e mostravano una forte dose di autocontrollo. I vicini di casa avevano portato da mangiare e mi spingevano ad andare in cucina a inghiottire qualcosa. Dunque, erano queste le sensazioni che provavano tutti coloro i quali perdevano il proprio padre? Me lo ero chiesto tante volte in simili circostanze. Ma avevo smesso quasi subito di pensare a questa idea perchè non avevo interesse nelle sensazioni provate dagli altri. Pena, sofferenza e tormento mi perseguitavano in quelle ore di quel fine triste anno. Tentavo di pensare a come sarei stato in futuro senza di te ma non riuscivo a prevedere nulla. Il mio cervello si rifiutava di pensare, immaginare, indovinare. Intanto si era fatto tardi e la stanchezza di una giornata unica, terribile, insopportabile e indimenticabile come quella trascorsa si faceva sentire. Presi nota che era il 29 dicembre 1981. Avevo 35 anni. "Non dimenticherò mai questo giorno. Te lo prometto" dissi in cuor mio. C'era da pensare a tante cose. Il tuo funerale innanzitutto. A tarda sera tutti i vicini ci lasciarono al nostro dolore e al nostro raccoglimento. Nessuno di noi disse nulla. Andammo a dormire come degli automi con i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni. Non era il momento di chiacchierare quello. Il 31 dicembre mattina ci fu il tuo funerale. Ricordo che durante la messa in chiesa dovetti farmi forza molte volte per trattenere le lacrime. Non volevo dare l'idea di una persona debole. Ci riuscii ma a fatica. Al cimitero fu una lunga processione di cenni di baci sulle guance e strette di mano più variegate: da quelle robuste a quelle delicate. Chi mi invitava ad essere forte. Altri a seguire la strada del destino. Qualcuno a consegnarmi nelle mani del Signore. Alla fine fummo accompagnati in macchina a casa, non ricordo da chi. Entrai e la vidi improvvisamente spoglia e insonora come mai avevo visto e sentito casa mia. Addirittura se qualcuno di noi tre apriva la bocca le sue parole si spegnevano quasi subito. Il motivo forse era dovuto al fatto che quel silenzio ci permetteva di ascoltare meglio la tua voce interiore, caro papà, quella di sempre che ci rassicurava e ci diceva di non preoccuparci perchè la vita continuava, malgrado tutto. La tua longevità non so quanto l'avrei pagata in quel momento e invece tu non c'eri più, caro papà. Quel tremendo vuoto dopo il funerale che in quel momento percepivo dentro di me a casa nostra fu per me un colpo al cuore insanabile. Entrai nel corridoio del primo piano che da bambino avevo percorso tante volte di corsa allegro e vispo come non mai e lo vidi anonimo, estraneo e respingente. Il cuore mi batteva forte. Mi appoggiai allo stipite della porta e dissi ad alta voce: "e adesso come faremo"? Mi aspettavo solidarietà dagli altri due membri della famiglia. Ma mio fratello non disse nulla e mia madre andò in cucina a preparare qualcosa da mangiare. Nessuno voleva parlare. Il tavolo della cucina quel giorno fu l'unico legame in grado di vederti ancora presente nella mia mente a mangiare con noi, sebbene il silenzio irreale che ci circondava era palpabile. Ciao papà. Dolce caro papà. Non ti dimenticherò mai.

domenica, settembre 25, 2005

Anniversario.

Cara mamma,
giovedì 13 Ottobre 2005, sarà trascorso un anno dalla tua morte. Poche parole per rinnovare un impegno: quello di non dimenticarti mai. Come sarà questo primo anniversario che ricorderà a me e a tutti coloro che ti hanno voluto bene la tua scomparsa da questo mondo? Immagino che ti penserò e i miei pensieri si soffermeranno su che cosa hai rappresentato per me e quale ruolo hai svolto nella mia esistenza e nella vita di tante persone che ti hanno conosciuto e amato tanto. Sono certo che nella mia mente si affolleranno tanti ricordi, intimi, intensi, commoventi, montaliani. E penserò a te e a quanto hai amato la vita, ai momenti bellissimi di intrattenimento che creavi per tutti noi in famiglia e per la comunità del volontariato che frequentavi da più di dieci anni e nella quale hai sempre creduto, giustamente. Un anno è un lungo periodo di tempo per chi ha perduto la persona più cara della sua esistenza. In questo lungo arco temporale mi hai costretto a reimparare a vivere la vita senza di te, senza i tuoi preziosi consigli, il tuo affetto, la tenerezza che mi hai sempre mostrato, le tue premure, la tua allegria. Per me sarà un Ottobre nuovo, triste, diverso da tutti i precedenti, caratterizzato dal ricordo della tua dipartita e dal dolore che la tua mancanza ancor oggi produce nel mio cuore torturato dalla tua assenza. Solo adesso percepisco chiaramente la profondità del tuo amore per me e per tutti noi. Il tuo affetto nei miei confronti è stato sempre straordinario, sincero, schivo e semplice, pudico e profondo. Ricordo i tuoi sguardi, pieni di affetto e di delicata comprensione per i miei problemi vani e superflui. Scrivo queste poche righe di commemorazione perché mi preme ricordare ancora una volta, a me stesso prima che agli altri, non solo quanto sei stata essenziale nella mia vita ma anche quanto amore sei stata in grado di donarmi e di donare agli altri nella tua splendida esistenza. Non riesco ancora oggi a comprendere per intero quanto dolore la tua dipartita ha prodotto in me. Ma è successo, perché doveva succedere. Ed è giusto che sia stato così. La vita presuppone la morte e la morte segue sempre la vita in una catena interminabile di successioni per tutti noi, esseri mortali.
Cara mamma, affrontare la vita senza di te è stata finora un’esperienza tremenda. Ma la vita continua, ed è necessario guardare al futuro in modo positivo anche se il cuore è sempre gonfio di rassegnata tristezza. Ciao mamma. Ricorderemo sempre il tuo insegnamento e la gioia che provavi nel donarti. Ovunque ti trovi in questo momento tutti noi ti ricordiamo con tanto affetto e amore e ti ricorderemo sempre. Ciao grandissima mamma. Riposa in pace ora e sempre.

Enzo

martedì, settembre 13, 2005

Dedicata a Caterina

E' la bellissima poesia di Umberto Saba, dal titolo Preghiera a mia madre.

Madre che ho fatto soffrire
(cantava un merlo alla finestra, il giorno
abbassava, sì acuta era la pena
che morte a entrambi io mi invocavo)
madre
ieri in tomba obliata, oggi rinata
presenza,
che dal fondo dilaga quasi vena
d’ acqua, cui dura forza reprimeva,
e una mano le toglie abile o incauta
l’ impedimento;
presaga gioia io sento
il tuo ritorno, madre mia che ho fatto,
come un buon figlio amoroso, soffrire.
Pacificata in me ripeti antichi
moniti vani. E il tuo soggiorno un verde
giardino io penso, ove con te riprendere
può a conversare l’anima fanciulla,
inebriatasi del tuo mesto viso,
sì che l’ali vi perda come al lume
una farfalla. E’ un sogno
un mesto sogno; ed io lo so. Ma giungere
vorrei dove sei giunta, entrare dove
tu sei entrata
ho tanta
gioia e tanta stanchezza!
farmi, o madre,
come una macchia della terra nata,
che in sé la terra riassorbe ed annulla.

Umberto Saba

venerdì, settembre 02, 2005

Ricordo.

Ricordo Caterina quando giunse a Roma dalla lontana Sicilia, trascinando con sé ricordi, affetti, mobili, vestiario, piatti, pentole e tutte le cose utili ed inutili che ognuno di noi, nel corso della propria esistenza, accumula, a volte, senza neanche accorgersene. Un camion della ditta “Sormani” aveva provveduto al trasloco dei mobili e, dietro le sue direttive, i responsabili scaricavano gli arredi che le avevano fatto compagnia per tanto tempo, collocandoli là dove ella voleva. Di spazio ce n’era abbastanza e, chissà, quante volte avrà rimpianto di aver venduto tutte quelle cose che a suo parere sembravano essere superflue e che, invece, avrebbero potuto trovare un’adeguata sistemazione! Si, da donna saggia qual’era, aveva creduto opportuno disfarsi di molti effetti personali vendendoli alle amiche più care del suo paese. Era orgogliosa di aver provveduto a far fronte alle spese del trasloco con il semplice ricavato di queste vendite speciali, a prezzi stracciati, come diceva lei! Aveva provveduto personalmente a confezionare pacchi più o meno grandi che, nel giro di pochi giorni, aveva disfatto ordinando tutto ciò che essi contenevano. Parte dell’arredamento lo avevamo completato insieme. Anzi, ricordo che mi aveva delegato per l’acquisto di un mobile e di uno specchio da collocare nell’ingresso principale di questa nuova abitazione. Era bello vederla all’opera, fiera del suo appartamento, della libertà conquistata dopo anni di duro lavoro, rinunce e sacrifici di ogni genere, sorretta da un orgoglio e dignità senza eguali. Ricordo quando il mobile da lei commissionatomi giunse a destinazione. Era felice come una bambina ed io raccolsi tutti i suoi complimenti e, lo feci a piene mani, considerata la sua riluttanza a sbilanciarsi in convenevoli. Aveva scoperto un grande centro commerciale vicino alla sua nuova dimora e, con la curiosità tipica di una donna vissuta per anni in un paesino, ne aveva fatto la sua meta preferita, un luogo dove trascorreva ore ed ore rincorrendo tutte le novità proposte nelle vetrine dei mille negozi! Ogni tanto si concedeva qualche regalo. Aveva acquistato tante di quelle cose inutili che al solo vederle sorridevamo! Fiori artificiali, portavasi dalle forme e dai colori più disparati, soprammobili e tutte le altre miriadi di oggetti che le sono state regalati via via nel corso degli anni. Era fiera della sua cucina colma di pentole di ogni misura, il forno era sempre acceso e pronto ad accogliere le pietanze più diversificate. Le mille pizze preparate hanno soddisfatto anche i palati più esigenti, per non parlare poi dei dolcetti e delle torte farcite regalate ai nipoti in occasione dei loro compleanni oppure agli ammalati della Clinica S.Lucia, ove prestava volontariato. Era instancabile, almeno così sembrava! Poi, la fine. Oggi, a distanza di quasi undici mesi dalla sua morte, ne ereditiamo il dolore ed il compito gravoso di dover rivisitare tutti i suoi effetti personali che, in un qualche modo, hanno fatto parte anche se indirettamente della nostra esistenza. Saltuariamente, mi reco insieme a mio marito in questa casa, per visionare e selezionare tutto ciò che riteniamo possa essere utilizzato da noi familiari e nipoti. Mi trovo a sfiorare i suoi oggetti con estrema cura, come avrà fatto lei chissà per quante volte. Giorni fa ho trovato in un armadio delle lenzuola e con il ricordo sono volata a Montalbano, il paese che ha visto riuniti lei e la famiglia per lunghi anni. Mi sono trovata nelle camere da letto, ho immaginato lei muoversi nelle stesse, impegnata al cambio della biancheria, con la fierezza tipica della mamma che provvede a riordinare i letti con lenzuola impregnate ancora dell’odore di un bucato appena raccolto e stirato. Gelosa delle sue cose, seguiva con occhio attento chiunque si muovesse nella sua casa, quasi temesse di essere derubata. Ora, invece, mi trovo a maneggiare le sue cose non vista! Altrove, assisterà a quest’opera di sgombero, ma, senza essere sospettosa, non fosse altro per il profondo rispetto con il quale mi accosto a tutto ciò che è appartenuto a lei. Non riesco ad immaginare questa casa senza la sua presenza. A poco a poco acquisterà un altro volto ed il suo profumo abbandonerà per sempre questo spazio, fino a svanire.
Ricordando Rina avremo sempre un sorriso da regalarle ed un grazie da rivolgerle per tutto ciò che ci ha donato con slancio e grande generosità.
Marilina

martedì, luglio 05, 2005

Orazione funebre in occasione della traslazione delle ceneri.

Mio fratello Sergio ed io abbiamo intrapreso questo doloroso viaggio di ritorno a Montalbano Elicona per rispettare la volontà di nostra madre Caterina, la quale desiderava, dopo la morte, che le sue spoglie fossero restituite alla terra nella tomba di famiglia, accanto al suo amato marito Salvatore e ai suoi cari genitori Provvidenza e Salvatore.

«Eccoci qui, adorata mamma, come ci avevi chiesto tu. Ora che il tuo ultimo viaggio verso la Sicilia si è concluso, ti lasciamo in questo luogo col cuore gonfio di dolore e di rimpianto, ricordandoti con infinita nostalgia. Quest’ultimo viaggio, senza valigie, l’hai fatto fra le braccia dei tuoi figli. Quando eri ancora in vita, avevi tu stessa predisposto tutto, affinchè a noi rimanesse soltanto il triste compito di restituirti al tuo paese natio, alla tua gente, al luogo dove conservavi i ricordi più cari della tua vita, di fanciulla spensierata, di moglie e madre felice. Ci sei stata accanto fino all'età di 82 anni e con te abbiamo condiviso i momenti più o meno belli della nostra fanciullezza, della giovinezza e infine della maturità. Mille ricordi ci affollano la mente. Ti rivediamo, nel pieno dei tuoi anni, dedita al tuo lavoro di sarta, sempre china su qualche vestito da terminare o su un orlo da cucire, incurante delle ore che passavano. Ti rivediamo negli ultimi anni a Roma, coi volontari della clinica “Santa Lucia” mentre accompagni i malati a Lourdes vestita da crocerossina. Ti rivediamo mentre imbocchi un ammalato o preghi per qualcuno bisognoso di conforto. Per tutti sei sempre stata un'amica, una sorella, una confidente, un punto di riferimento, un aiuto, un tesoro, una speranza, una luce… Eri semplice e buona, generosa e disponibile. È incredibile come da una piccola donna quale tu eri sia potuto scaturire tanto amore per gli altri! Le opere di bene che hai accumulato su questa terra e la grande fede che hai sempre avuto in Dio, ti hanno spalancato le porte del paradiso. Adesso che sei giunta al Suo cospetto, ricordati di noi tutti, di quanti t’hanno voluto bene, e prega per noi. Riposa in pace, mamma. Continueremo a pensarti accanto a noi in ogni momento della nostra vita; il tuo ricordo ci aiuterà a sopportare il vuoto tremendo che hai lasciato in tutti noi».

Desideriamo ringraziarvi tutti, voi che ora siete qui, vicini a noi, raccolti attorno alla tomba dei nostri genitori per dare l’ultimo saluto alla mamma e per ricordarla nei momenti più significativi della sua vita. Pensiamo a questo proposito che sia opportuno ricordare una frase di S. Agostino: nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta. Grazie.

Enzo e Sergio
Montalbano Elicona, Cimitero comunale, Lunedì 4 luglio 2005, ore 10.00

martedì, maggio 31, 2005

Una bellissima occasione di riflessione circa la morte di una persona cara.

Si tratta di uno straordinario saggio nella forma di una lunga lettera al padre, scritta dopo la morte della madre. La si propone a chiunque stia attraversando un periodo di grande dolore dopo la perdita di una persona cara. Rappresenta una splendida "meditazione personale destinata a tutti coloro che soffrono il dolore che una morte può provocare e che sono alla ricerca di una vita nuova". Ha il potere di permettere una potente ed efficace riflessione sul significato della morte e della vita nella prospettiva di un cammino di fede.

venerdì, maggio 13, 2005

Dedicata a Caterina

E' la bellissima poesia di Eugenio Montale, dal titolo A mia madre.

Ora che il coro delle coturnici
ti blandisce nel sonno eterno, rotta
felice schiera
in fuga verso i clivi
vendemmiati del Mesco, or che la lotta
dei viventi più infuria, se tu cedi
come un’ombra la spoglia
(e non è un’ombra,
o gentile, non è ciò che tu credi)
chi ti proteggerà? La strada sgombra
non è una via, solo due mani, un volto,
quelle mani, quel volto, il gesto d’una
vita che non è un’altra ma se stessa,
solo questo ti pone nell’eliso
folto d’anime e voci in cui tu vivi;
e la domanda che tu lasci è anch’essa
un gesto tuo, all’ombra delle croci.

Eugenio Montale

sabato, aprile 30, 2005


A tutte le mamme del mondo.

Ora che qui e solo qui
in questo luogo non-luogo
di tutti e di nessuno
io sono più grande di te
dirti .... non è vero
che le madri non sbagliano mai
ma tu ummi è come se
non avessi mai sbagliato
così meno triste quasi allegro
nell'essere abitato
da una tua foto lontana
da un tuo gesto
.... anche solo accennato.

Decio Murè

venerdì, aprile 29, 2005

Onomastico, memoria e messa di suffragio.

Ogni 29 Aprile ricorre Santa Caterina da Siena, Patrona d’Italia. Venerdì, 29 Aprile 2005, nella Cappella della Clinica “S.Lucia” di Roma, il Reverendo Don Carmelo ha officiato una SS. Messa in
ricordo di Caterina Saccone. Sono trascorsi sei mesi dalla sua morte e lei, che con tanto amore, da volontaria, ha servito in tutta umiltà i ricoverati di quell’Ospedale, è rimasta per noi l’Angelo che è sempre stato.
Enzo

mercoledì, aprile 13, 2005

Anniversario e ricordi.

Carvasin, Lasix, Zestoretic, Plavix, Intrafer, Sivastin, Diamicron, Cardioaspirin, non erano
per te cibi, nè alimenti. Erano nebbie, coltri opache di panni scuri che ti impedivano di vedere la luce e ti tenevano nelle tenebre. Mentre tu splendevi, illuminando gli altri. Tu eri la stella luminosa che ci facevi da guida nella buia e oscura notte delle difficoltà della vita. Caterina, non abbandonarci. Sono trascorsi sei lunghi e dolorosi mesi da quando sei andata via. Fuori della tua casa è iniziata la Primavera, dentro le tue mura polverose è sempre inverno, freddo e pieno di solitudine.Tutto ricorda te, piccola dispensatrice di gioie per i giovani bisognosi e grande donatrice di generosità peri vecchi ammalati. Riposa in pace.
Ciao.

Enzo

mercoledì, febbraio 02, 2005

Caterina, sorella crocerossina, sul treno degli ammalati per Lourdes.




Un viaggio tanto desiderato al servizio degli ammalati della Clinica S. Lucia.




Caterina in partenza per Lourdes dalla stazione ferroviaria di Roma Ostiense








Caterina con le altre crocerossine







Caterina con due ammalate a Lourdes







Caterina traina la carrozzella di un'ammalata

venerdì, gennaio 21, 2005


Il ricordo della mamma nelle belle parole di una canzone di Charles Aznavour

La Mamma

Son tutti lì, accanto a lei,
Da quando un grido li avvertì,
Sta per morire la mamma.
Son tutti lì, accanto a lei,
Tutti i suoi figli sono lì,
Con quello che lei maledì,
Tornato a braccia aperte a lei.
Tutti i bambini sono là,
Intorno a lei che se ne va,
Nei loro occhi più non c'è
Il gioco bello dei perché.
Ah, la mamma!
E la riscaldano di baci,
Di sguardi dolci ed infelici,
Sta per morire la mamma.
Santa Maria, piena di grazia,
La statua è là, giù nella piazza
E voi tendendole le braccia
Cantate già "Ave Maria!
Ave Maria!"
C'è tanto amore, tanto dolore,
Intorno a te, la mamma,
Amore che non finirà,
Intorno a te, la mamma.

E fuori là, dietro la porta,
La gente attende sotto il sole,
Sta per morire la mamma.
Il vino buono viene offerto,
Non c'è nessuno che ne vuole,
Però è l'omaggio per chi muore,
Per chi ha vissuto come lei.
Nessuno piange ma c'è chi
Una chitarra prenderà,
La ninna nanna suonerà,
La mamma.
E l'aria è piena di canzoni
E di dolcissimi altri suoni,
Sta per morire la mamma.
Le donne intanto a bassa voce,
Perché si possa addormentare,
Come un bambino quando è sera,
Cantano già "Ave Maria!
Ave Maria!"
C'è tanto amore, tanto dolore,
Intorno a te, la mamma,
Amore che non finirà,
Intorno a te, la mamma,
Che giammai, giammai,
Giammai, ci abbandonerà.

mercoledì, gennaio 05, 2005

COMMENTI




1. Il tuo affetto,
prezioso ed insostituibile
alleato nelle mie giornate
alla Clinica "Santa Lucia".
Grazie. Leda




2. Ci piace ricordarla nei momenti migliori, quando ci incontravamo nelle riunioni familiari e nelle ricorrenze: a casa sua, da Emanuela o al Divino Amore.
Abbiamo ammirato Rina per quello spirito di abnegazione ed altruismo
che erano nel suo DNA come la cosa più naturale del mondo: la sua vita è sempre stata "spesa" per gli altri nel volontariato quotidiano presso la Clinica S. Lucia, nei viaggi con gli ammalati a Lourdes e in mille altri esempi di dedizione, anche a costo della sua salute. Il giorno di Ferragosto rinunziava a trascorrere al mare almeno una giornata, per non lasciare soli i suoi malati. Mentre era ricoverata all'Ospedale "S. Eugenio" ci venne spontaneo consigliarle di rallentare un po' i suoi impegni, ma le sue precise parole furono queste: "Se non spingerò più le carrozzelle, posso sempre fare tanto per chi ha bisogno".
Grazie Rina per tutto quello che ci hai insegnato. Non potremo mai dimenticarti e siamo certi che un giorno ci rivedremo Lassù.
Carmelo e Lucia



3. Per la tua vivacità,
per la tua allegria
e per la tua disponibilità.
Grazie
da Lina, Barbara, Gianluca, Oliano e Alberto



4. Non ci sono ombre nel mondo,
che non siano illuminate dal Sole
di Fatima.

A Caterina Saccone, in ringraziamento per la salute della Sig.ra Tarantola. Che il Signore la sostenga nel prezioso servizio che presta alla Clinica.

Caterina festeggiata dalle suorine alla clinica




Tesserino di volontaria AISM di Caterina.




Diploma di benemerenza del Sacro Cuore per una adozione a distanza di Caterina.
















Alla carissima Caterina,
che non scorderò mai
e che ricorderò con tanto piacere
per le mille cortesie fatte nei miei riguardi.
Con affetto.
Tina Leotta di Acireale


A Caterina,
di cui sento moltissimo la mancanza.
Anna di Brindisi

A Caterina,
alla quale penso con tanto affetto, gratitudine e riconoscenza per quello che ha fatto per tutti noi alla clinica S.Lucia.
Franca di Gallipoli

A Caterina,
a perenne ricordo.
Lola di Riposto

A Caterina,
che ringrazio per la bella testimonianza che mi ha dato in un anno passato al servizio dei malati alla clinica S. Lucia.
Diacono Salvatore Cernuto

sabato, gennaio 01, 2005

Dedicata a Caterina

E' la bellissima poesia di Giuseppe Ungaretti, dal titolo La madre.

E il cuore quando d'un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d'ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all'eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m'avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d'avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro

Giuseppe Ungaretti

giovedì, dicembre 30, 2004

Una piccola pagina di ricordi.

Un pomeriggio di Ottobre. E’ quasi sera e io sono ritornato nella tua casa. Fuori c’è il tramonto e l’orizzonte si tinge di rosso. Apro la porta di casa con la tua chiave. Era quella che tenevi appesa al collo, per non dimenticarla. Come eri felice quando riuscisti a trovare il modo di non dimenticare da qualche parte la chiave di casa. Quel portachiavi era diventato il tuo simbolo, la tua felicità. In un solo colpo avevi annullato ottantadue anni di età avanzata ed eri ritornata bambina. Sono apparentemente calmo. Entro a casa tua senza fare rumore, in punta di piedi, in silenzio, con rispetto. Sentivo il bisogno di vedere di nuovo le tue cose. Avvertivo una ansiosa sensazione di necessità a rivedere i tuoi luoghi. Lo sai, quei luoghi ti hanno vista protagonista assoluta, come un’attrice consumata sul suo palcoscenico. A casa tua e anche alla clinica eri l’unica artista. Recitavi contenta e vivevi felice. Ho aperto la porta, l’ho rinchiusa delicatamente dietro di me e mi sono diretto nella camera da letto. Filtrava una debole luce vespertina dalle finestre del soggiorno e facevo fatica a vedere nitidamente le cose. Ho provato un forte impulso a guardare il letto dove ogni notte avevi sempre dormito. Nei pochi secondi che mi hanno diviso dalla camera mi venne in mente la possibilità di ritrovarti tra le lenzuola, distesa che dormivi, come se nulla fosse accaduto, come se tutto fosse stato un clamoroso sbaglio. Ma è stato solo un attimo. Un fugace pensiero mi richiamò alle cose terrene e alla impossibilità dell'evento. La triste realtà mi stava dinnanzi, nella solitudine della tua casa e del mio animo. Le lenzuola del letto erano ordinatissime. Bianche con un merletto grazioso. Vi era anche uno svoltino del lenzuolo che interpretai come una civetteria da donna che tu avevi voluto lasciare in camera. La bottiglia d’acqua, che tenevi sempre vicino a te per ingoiare le pillole, era ancora là, quasi piena. I cuscini erano al loro posto. Ho guardato intorno al letto. Il tappetino era sistemato in maniera ordinata e simmetrica. La sveglia sul comodino faceva un tic tac delicato, come se avesse percepito la gravità del momento e avesse deciso di non infastidirmi. Mi inginocchiai dal lato dei piedi del letto, accarezzai la coperta verde con la mano, cercando di eliminare qualche piccola piega rimasta su di essa e un nodo alla gola mi prese, forte, intenso, insopportabile. Dissi ad alta voce: “Ciao mamma”. Fu un errore. Al solo sentire quella parola, scoppiai in un pianto incontrollabile, pieno di disperazione. Nonostante le lacrime agli occhi che cadevano copiosamente sul mio viso, mi ripresi subito, pensando all’inutilità del gesto. Quante volte avevo pianto in gioventù dinanzi a te, magari per commuoverti, per farmi dare il permesso di uscire con i miei compagni la sera. Ma adesso, tutto questo non aveva senso. Non avevo mai pensato che tu potessi morire. Non ero abituato all’idea. L’ho sempre temuta, e poi tu eri così forte. E piena di vita. E d’un tratto mi sentii perduto. Per scrollarmi quella preoccupante sensazione di scoramento mi alzai e aprii un’anta dell’armadio. Vidi ben allineati i tuoi vestiti estivi. Era uno spettacolo piacevole osservare l’ordine e la precisione con i quali erano stati da te sistemati. Non era una novità.Tu eri famosa per l’ordine delle cose che regnava nella tua casa. Guardai sul piccolo tavolo che avevi in camera. Su di esso, accanto alla macchina da cucire, la famosa Singer, c’era anche il “pomodoro” pieno di spilli e aghi che tenevi a portata di mano per cucire. Lo guardai e mi venne subito in mente quando da ragazzo mi pagavi mezza lira per ogni ago che ti riempivo. Quaranta aghi, venti lire. Fu il mio primo lavoro in assoluto. Mi guadagnavo una paghetta modesta ma concreta, che mi consentiva di avere qualche spicciolo in tasca e far fronte alle piccole spese con i miei compagni di strada. Ero orgoglioso di te che alla mia giovane età mi riconoscevi il diritto di guadagnare del denaro senza costringermi a chiedertelo esplicitamente. Oh, mamma. Perché sei andata via! Cara dolce straordinaria mamma. Incommensurabile essere umano, pieno di affetto per tutti, perché non sei ancora immersa nelle tue piccole grandi cose di sempre? Non è più così. A casa tua, nella penombra della camera da letto intravvedevo a fatica la sala da pranzo, anch’essa con le luci spente e le finestre chiuse. Buio e silenzio dappertutto, come non mai. Tu che amavi la luce, i suoni, il movimento, adesso c’era solo immobilità. Adesso c’era silenzio, quiete, immutabilità. In quel momento, per placare il mio tormento avevo bisogno di pace. Ma non la trovavo. Tormento e disperazione erano lì, a volontà. Nulla sarà più come prima, pensai. A chi chiederò adesso aiuto se ne avrò di bisogno? Mamma, perché mi hai lasciato? Lo so che pensavi fosse un tuo dovere non pesare su di nessuno. Lo so. Lo so che era necessario per te lasciarmi e andare incontro alla vita eterna. Lo so. Ma come farò adesso io, nella solitudine del mio mondo, senza di te? Sapevo, ed era nell'ordine delle cose, che prima o poi saresti andata via, in punta di piedi, ma non pensavo che potesse accadere così presto. Mi comprendi? Appena pochi giorni fa ti avevo lasciata tranquilla a casa alle tue faccende domestiche, alle tue telefonate, ai tuoi appuntamenti con le colleghe del volontariato, ed ero andato a lavorare. E adesso ti trovi in un’urna, fredda e inaridita, polvere tra la polvere del mondo. Mai e poi mai avrei immaginato di ricevere la telefonata con la quale mi annunciavano la tua morte. Che viaggio allucinante feci quella mattina sotto la pioggia e il traffico impazzito per venirti a vedere. Perché quella mattina il tempo non si è fermato? Perché no? Mi agito. Sto diventando nervoso. Guardo le pareti, i quadri appesi ai muri e penso alla inutilità di tutto ciò che si presenta al mio sguardo. Cose ormai senza valore che fino all’altro ieri avevano il significato della vita, dell’esistere, del presente e del domani, adesso avevano il senso della morte, del distacco, del passato. Cosa ne sarà di loro? E di me? E nel mio futuro, sopravvivrà ancora qualcosa che mi permetterà di ricordarti come oggi, con lo stesso affetto di prima? Oppure, tutto verrà dimenticato e cadrà nell’immenso oblio dell’universo che tutto ingoia a fa sparire? Non so rispondere a questa domanda. Non so prevedere. Certo, so di essere un figlio che non ha nulla da rimproverarsi. Ho sempre fatto il mio dovere di primogenito e ti ho amata sempre al di sopra di tutto. Ma è proprio così? E se invece fosse stato al contrario? Se tu mi avessi nascosto il dolore profondo della tua esistenza di donna anziana, se mi avessi tenuto all’oscuro delle tue paure, delle tue inquietudini, impedendomi di comprendere i brutti momenti che stavi attraversando, è proprio vero che non avrei nulla da rimproverarmi? Siamo proprio certi? Mi alzo dalla poltroncina di velluto verde, quella che tu avevi voluto perché ti piaceva tanto. Il verde è sempre stato il tuo colore preferito. Si. Avevi molte cose belle in verde che ti rendevano felice. La sopraccoperta del letto, il puffo, il lampadario, il cuscino della sediolina. Anche il telefono e la sveglia erano verdi. Ed erano verdi la abat-jour con la coroncina del rosario posta tutta intorno al paralume, i piccoli putti appoggiati sulla servant, e persino la grande foto incorniciata della via principale del tuo paesello natìo aveva un che di verde.Ma soprattutto avevi gli occhi verdi, belli, da ammirare. E poi, i tuoi foulard verdi, gialli, arancione, fucsia, messi li ordinatissimi sull’anta del vecchio stiracalzoni Reguitti. Arcobaleni di colori e meraviglie cromatiche che evidenziavano tutte le sfumature della vita. Simboli di gioia, di felicità, di allegria. Amavi vestire di verde e ne eri contenta. Adesso, il verde che inonda la tua camera è diventato grigio, color cenere, spento, senza luce. Nulla è più come prima. Le onde del tempo hanno spazzato via la bellezza di ciò che ti ha circondato fintanto che sei stata in vita. Amavi circondarti di piccole cose che io apprezzavo poco ma che mi confermavano la tua voglia di vivere, la gioia di donarti agli altri, alle vecchine della clinica, come li chiamavi tu, di fare, di cucinare e dare da mangiare a quel povero vecchio che ti chiedeva la carità, di rendere felici gli altri. E adesso non ci sei più. Cara dolce e fantastica mamma. Ciao. Non ti dimenticherò. Non ti sarà facile sbarazzarti di me.

Enzo

lunedì, dicembre 13, 2004

A Rina. Con affetto.

Rina sei partita, in fretta, col cuore in gola. Avevi premura. Niente e nessuno poteva fermarti. Hai lasciato il mondo dei turbamenti, delle emozioni, delle consapevolezze della limitatezza umana. E adesso, improvvisamente, tutto non ha più senso. Neanche il ricordo del tuo sereno riposo mi aiuta. Mi hai lasciato solo, nel mezzo di una fredda giornata di pioggia, stupito al solo pensiero di non essere più con te. Sono attonito, senza parole. Nemmeno il tuo ricordo ha il potere di ridarmi il sorriso. E’ come se la grigia colla del tempo avesse fissato i ricordi e li avesse confinati, resi inutili, nella loro fredda immaginazione. Ieri con te, tutto era più bello. Trovavo sempre le tue mani tese, come un sole splendente, che irradiavi la tua luce bianca, il tuo calore, il tuo amore. Il tempo scorreva veloce ed era pieno delle tue cose. Nulla non parlava di te. La tua vita e il tuo ricordo sono inseparabili dalla tua irripetibile materialità e dalla concretezza etica e religiosa che ti ha sempre caratterizzata nell'impegno della fede. Oggi non trovo più i tuoi sorrisi, i tuoi segni, il tuo essere donna, regina e mamma. Domani senza di te non sarà che un tempo incerto, indistinto, il tempo dei rimasti in vita, sopravvissuti a una tragedia che ha portato solo dolore. E ieri è tutto quello che mi rimane. E adesso che ne sarà di me?

Enzo

giovedì, novembre 25, 2004

Nostalgia di una piccola donna.

Rina non c’è più. E’ stata costretta ad andare via, per sempre. Non ritornerà. Adesso, non si saprà più niente di lei. Lei che ha sempre detto tutto di sè. Lei che ha sempre parlato con il cuore in mano, senza nascondere nulla. Lei che parlava sempre, senza fermarsi, aiutando tutti. Adesso non parla più. E’ priva di suoni e nessuno è in grado di ascoltare la sua voce. Questo silenzio è atroce, assordante, tormenta, fa male. Ci lacera. Nessuno conoscerà più Rina. I nuovi anziani che arriveranno nella clinica non sapranno neanche che lei è esistita, che li ha sempre aspettati, che sarebbe andata a incontrarli, in anticipo sugli altri, senza fermarsi, se avesse potuto. Adesso è sola e non può incontrare più nessuno. E’ corsa via, contro il tempo. E’ corsa via, dal tempo. E’ andata via da noi, da tutti, dal mondo che aveva tanto bisogno di lei. E adesso non c’è più. Com’è triste la vita senza di lei. Il tempo, piano piano, lentamente, la ingoierà fino a far perdere dalla memoria qualunque traccia della sua stessa esistenza. E tutto annegherà nell’oblio. Ciao Rina. Ciao, piccola grande donna. Dolce ricordo. Immenso rimpianto. Le nostre lacrime, nei nostri ricordi, ti puliranno il viso dai segni del tempo e ti permetteranno di rimanere giovane nei nostri cuori e nei nostri pensieri.

Enzo

lunedì, ottobre 18, 2004


A CATERINA

«Viaggiano le stagioni lungo le rughe del tuo viso…

L’inverno è già passato
mentre tu scaldavi le sofferenti stanze…

Poi la primavera ha tessuto un tappeto di fiori azzurri
per accompagnarti lungo il tuo cammino…

E l’estate coi suoi raggi ti ha donato un po’ di forza
che hai racchiuso nel tuo cuore…

Ora l’autunno è ritornato
e il vento ruba agli alberi le foglie colorate
per te, una dolce, piccola culla nel viaggio verso il cielo.»

CIAO CATERINA!


Silvia Rao

venerdì, ottobre 15, 2004

Ricordo di un tesoro.

Ieri l’altro è morta una semplice donna, una donna che aveva tanti nomi. E’ stata chiamata in tante maniere: Caterina, la moglie dell'appuntato, matrozza, Rina, la volontaria della “Santa Lucia” e anche sorella crocerossina. Per tutti è stata un'amica, una sorella, una confidente, un punto di riferimento, un aiuto, un tesoro, una speranza, una luce. Per i figli, è stata prima di tutto una mamma, la loro mamma! Ma non solo. Caterina è stata per tutti, sempre, un modello irraggiungibile di madre e un riferimento certo e sicuro nella vita di chiunque l'abbia conosciuto. Per i figli è stata la vita, è stata tutto: passato, presente e futuro. Adesso, li ha lasciati e non è più. Ma è come se fosse presente, insieme come sempre, nei momenti belli come in quelli brutti, con tutto quel sistema di valori cristiani che ha insegnato a loro e agli altri e che nessuno mai potrà cancellare. Ha messo al mondo due figli, donando loro la vita. Gli ha dato da mangiare e li ha vestiti. Li ha fatti studiare e li ha istruiti. Gli ha fatto avere un lavoro e gli ha dato la sicurezza di non essere mai soli. In una parola: ha dato loro tutto. Caterina è sempre andata incontro alla vita con il sorriso dei forti e con la semplicità dei giusti. E’ stata sempre una inguaribile ottimista. Per lei non esisteva l’impossibile. Oggi la si ricorda così com’è sempre stata per 82 anni e 23 giorni, non certo come è stata nell’ultima settimana di vita, vittima di una malattia oscura che l’ha trasformata, rendendola profondamente diversa da come è sempre stata. La si ricorda con smisurato affetto, con acuto dolore e senso tragico di lutto. Caterina lascia in tutti un grande vuoto. Con la sua dipartita, il mondo ha perduto una donna angelo e un bene prezioso che non potrà mai più riavere. Ha lasciato un vuoto che nessuno e nulla potrà mai colmare. Avrebbe voluto andarsene così com’era venuta: in punta di piedi, senza dare fastidio, dolcemente, con il sorriso sulle labbra, con la consapevolezza dei suoi limiti e senza mai protestare. Non c'è riuscita. Con tanta tristezza, da domani, per tutti coloro che l’hanno conosciuta, la vita non sarà più la stessa. E' finito un ciclo, è finita un'era, è finito un mondo di affetti e di sentimenti.
I figli, i tre nipoti, le nuore, i parenti e tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerla e di frequentarla, la ricorderanno sempre con il cuore pieno di speranza di incontrarla di nuovo per ringraziarla di tutto quello che ha fatto per tutti. In ogni caso, ai figli rimarrà sempre il ricordo di avere avuto per mamma Lei, un Angelo, una benedizione... In nome suo e nel suo ricordo c’è il forte impegno a tenere viva la sua grande lezione di umanità, di generosità e di altruismo.
Ciao mamma, ciao nonna, arrivederci Caterina. Ti sei incamminata verso il mondo che hai sempre sognato: il Paradiso. Riposa per sempre in pace. I tuoi figli e chi ti ha voluto bene ti ricorderanno sempre con smisurato amore. Essi non hanno mai visto un Sole più splendente di te!

Enzo e Sergio

giovedì, ottobre 14, 2004

Ricordando Caterina

Caterina Saccone
(13.09.22-13.10.04)

Lo scopo di questo sito web.


Questo modesto sito web nasce con un semplice intento: ricordare la memoria di Caterina. Si tratta di un piccolo spazio che vuole essere un regalo alla sua memoria. Uno spazio semplice, vivo, adeguato a una persona che in vita ebbe un cuore immenso. La sua dipartita dal nostro travagliato mondo ha il senso della consegna di un testimone in cui vi è scritto tutto ciò che più di bello Caterina ci ha lasciato. In breve, poche parole di grande responsabilità: amore, radice, memoria. Si è cercato, non riuscendovi, di prolungare nel tempo la sua voce, la voce di una dolce donna, di cui tutti noi sentiamo profondamente la mancanza. Non è facile improvvisare abitudine a un fatto sconvolgente. Ma è necessario. Chiunque l'abbia conosciuta può leggere e lasciare (se lo desidera) un suo commento sul sito in relazione ai messaggi che la ricordano come è stata in vita. Io e mio fratello desideriamo ricordarla con affetto e dedizione. Questo ricordo è anche necessario per noi perché il terribile dolore della sua scomparsa ci permette di intraprendere la strada della rielaborazione del lutto mediante la “riscoperta del valore terreno dell’esistenza nella sua terribile materialità”. Grazie a tutti coloro che lasceranno una piccola testimonianza della loro amicizia. Caterina vivrà sempre nei nostri cuori e in quelli che l'hanno conosciuta e che le hanno voluto bene.

Enzo e Sergio